Lettera a una professoressa, un libro senza tempo

Scrivo queste righe rivolgendomi a quanti non hanno ancora avuto la fortuna o il bisogno di incontrare il libro Lettera a una professoressa di Don Lorenzo Milani.

Mi rivolgo, ovviamente, anche ai tantissimi che questo libro lo hanno divorato, più volte, facendolo diventare un importante ed insostituibile punto di riferimento della loro crescita umana e professionale.

Un libro sincero, una macchina del tempo

Premetto che il mio sarà un articolo breve, perché Lettera a una professoressa è un libro sincero, fatto di immagini e di pensieri autentici ed altrettanto potenti.

Per capirlo e viverlo, bisogna leggerlo, ascoltarlo, annusarlo. Riga per riga, fotografia dopo fotografia.

È una sinestesia continua, una macchina del tempo che fa perdere al lettore l’orientamento: alcuni snodi sono talmente attuali e reali anche nella società odierna, che il 1967 – anno in cui è stata pubblicata l’opera – non sembra poi così lontano e diverso dal 2020.

Questo è uno di quei libri che riprendi in mano cento volte: da ragazzo, da adulto e poi da anziano.

Dal 2005, anno in cui mi sono laureata e ho iniziato a fare ricerca all’Università, mi accompagna in tutti quei momenti in cui, da insegnante ed educatrice, avrei voglia di mollare la presa, tanto il sistema intorno a me è diventato per certi versi incomprensibile e, a volte, fondamentalmente ingiusto.

E da qui l’eterna questione: il sistema è diventato ingiusto o, in fondo, lo è sempre stato e abbiamo fatto troppo poco per nutrire un miglioramento concreto?

Una lettura per chi vuole cambiare il sistema

Questo è un libro senza tempo, fatto per le persone che sentono l’esigenza di cambiare il sistema giorno per giorno, con azioni semplici, ma vere.

Non solo il sistema scuola, o la disidratazione sistematica degli approcci educativi ad esso collegati, ma il sistema relazionale tra le generazioni – sempre più sfuggente e liquido perché dominato dalla velocità – il sistema della conoscenza come diritto di tutti e per tutti e della ricchezza come fortuna.

Un articolo molto ben fatto pubblicato da Internazionale nel 2017 e scritto dalla storica e professoressa Vanessa Roghi – autrice di La lettera sovversiva. Da Don Milani e De Mauro il potere delle parole (Laterza) – può darvi interessanti chiavi di lettura, interpretazioni e cornici per leggere quest’opera con maggiore consapevolezza.

Risponde a domande che hanno a che fare con le scelte che un insegnante deve compiere ogni giorno…

In questo breve articolo, mi piacerebbe scrivere perché questo libro è piaciuto alla me ventenne, studentessa e poi ricercatrice, e perché continua a piacere anche alla me quasi quarantenne, insegnante ed educatrice.

Nella voce di chi scrive, i ragazzi della Scuola di Barbiana, riconosco molte delle voci dei ragazzi che ho incontrato in questi anni di insegnamento e lavoro di tutor.

E mi “mettono al muro”, sempre. Mi costringono a farmi delle domande, sempre. Domande che hanno a che fare con le scelte che un insegnante deve compiere ogni giorno: “Come si fa ad appassionare e ad incuriosire i ragazzi perché non mollino la presa alla prima difficoltà e si lascino stupire dalla bellezza della conoscenza?”, “Quanto pesa la loro fiducia nelle nostre azioni e nelle nostre scelte?”, “In classi dove le differenze – culturali, economiche, sociali – sono l’unico denominatore comune, come si può fare ad interagire con tutti, senza lasciarne indietro nessuno?”, e ancora “Come li si convince a credere ancora in noi, adulti e insegnanti, se per anni, quando era ora di coinvolgerli, sono stati esclusi o marginalizzati?”.

Le risposte a queste domande non le ho. Credo non le avrò mai.

Credo anche, però, che finché terrò vivi questi interrogativi avrò la speranza di essere un’insegnante (che come ho detto più volte è ben diverso dal fare l’insegnante).

Farò degli errori e chiederò scusa. Farò del mio meglio e a volte non basterà.

La scuola ha un unico problema, i ragazzi che perde

Ecco il mio perché, ecco perché questo libro non ha tempo: tiene svegli, vigili e consapevoli.

Tiene pieni di domande e ci comunica in modo chiaro e diretto che la scuola ha un unico problema, i ragazzi che perde.

Concludo con le righe per me più preziose:

“Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile” (p. 20).

 

PER APPROFONDIRE

Autore: Elisa Bottignolo

Insegnante, formatrice e tutor dell’Apprendimento. La mia cassetta per gli attrezzi contiene: l'esperienza maturata come insegnante e come libera professionista esperta di didattica, apprendimento e comunicazione, una Laurea magistrale in Comunicazione, un Phd in Sociologia dei processi comunicativi e interculturali, corsi professionalizzanti sulle tematiche della didattica e dell’apprendimento, un Master universitario in Didattica e Psicopedagogia dei DSA e diverse pubblicazioni sui temi della comunicazione.

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