Questa volta la molla per scrivere le righe che leggerete non mi è scattata dopo aver visto un film o una serie TV ma dopo aver ascoltato Argentovivo, l’ultima canzone di Daniele Silvestri.
A dire la verità, non l’ho ascoltata solamente. Ho cercato il testo in rete – quando ero adolescente lo copiavo a penna sul diario di scuola leggendo la rivista Tv Sorrisi e Canzoni oppure sudavo mille camicie scrivendo il testo all’impazzata, a più round, mentre la radio trasmetteva la canzone – e poi l’ ho letto attentamente.
Questa canzone, come hanno fatto in passato molte altre di Daniele Silvestri, ha raccontato con metafore vive l’esperienza di chi ha un ADHD e vive le sue giornate tra i banchi di scuola.
Cosa significa ADHD
Come spesso succede, per dare un nome a una condizione umana si usano gli acronimi, cosa che onestamente non mi è molto simpatica.
Letteralmente, ADHD significa “Attention Deficit Hyperactivity Disorder”, in italiano “Disturbo di Deficit d’attenzione e/o iperattività”.
La prima caratteristica a renderlo “un disturbo tosto” è la sua complessa identificazione: per esperienza, nella scuola dove insegno non si sono mai presentati studenti con quadri diagnostici simili tra loro, bensì con sintomi di volta in volta eterogenei di disattenzione, iperattività o entrambe le tipologie.
Pur essendo difficile inquadrare l’ADHD in una definizione standard, posso descriverne alcune caratteristiche.
L’ADHD con disattenzione predominante influisce negativamente sull’attenzione selettiva e sull’attenzione sostenuta, creando situazioni di discontinuità dell’attenzione che compromettono l’apprendimento di contenuti e di strategie relazionali e comportamentali efficaci (amici, professori, genitori). Questa forma di ADHD influisce negativamente anche sulla memoria di lavoro e sulla pianificazione (funzioni esecutive).
L’ADHD con iperattività predominante, invece, agisce negativamente sull’autoregolazione: gli studenti presentano un’attivazione motoria eccessiva (non riescono a stare fermi o seduti se non per pochi minuti), una “parlantina” fuori dal comune ma quasi mai coerente con il contesto, una grandissima difficoltà nel rispettare turni di parola e semplici regole.
Esiste una terza forma di ADHD che presenta entrambe le tipologie di sintomi.
Un esercizio di exotopia: una canzone per raccontare l’ADHD
La comunità scientifica è d’accordo sul fatto che questo disturbo “comprometta significativamente le aree di vita più importanti e sia correlato a fenomeni di abbandono scolastico”. Ma questo è un punto di vista “solamente” empatico, che presuppone un unico punto di vista interno alla relazione.
Leggendo le prossime righe vi chiedo di fare uno sforzo in più.
Vi chiedo un esercizio di exotopia, per provare ad assumere le condizioni di un ragazzo con ADHD.
Se farete davvero questo esercizio di relazione, nel quale rientrano entrambi i punti di vista – il vostro di persone prive di ADHD e quello di chi con l’ADHD ci convive – vi renderete conto che alcune pratiche scolastiche sono forse inadeguate o arrugginite e che per questi ragazzi, come per molti altri (con o senza disturbi), è possibile e giusto mettere in atto qualche tentativo differente (e vedere l’effetto che fa).
Iniziamo dalla fine, dall’ultima strofa della canzone di Silvestri. Dice così:
“Io così agitato
così sbagliato
da continuare a pagare in
un modo esemplare
qualcosa che non ricordo di
avere mai fatto“
È la condizione più comune di un ragazzo con ADHD: quella di non accorgersi di ciò che fa perché non c’è dolo e non c’è intenzione, così come non c’è autoregolazione né memoria, né pianificazione.
Continuiamo il testo.
“Ho sedici anni
ma è già da più di dieci
che vivo in un carcere“
Spesso la scuola è vissuta come un carcere, perché stringe e comprime partendo proprio dagli artefatti architettonici. Banchi, cattedra, porta. Tutto è sistemato perché una sola persona sia al centro della relazione: l’insegnante.
E ancora…
“Costretto a rimanere seduto per ore
Immobile e muto per ore
Io, che ero argento vivo
Questa prigione corregge e
prepara una vita
che non esiste più da
almeno vent’anni
E mi mantengo sedato per
non sentire nessuno
Tengo la musica al massimo
e volo
che con la musica al massimo
rimango solo
E mi ripetono sempre che devo darmi da fare
perché alla fine si esce e non saprei dove andare
Ma non capiscono un cazzo, no“
Su questa parte non intervengo volontariamente, non ho le competenze per farlo. Accenno solo che molti ragazzi con ADHD vengono trattati con terapia farmacologica.
“Non stava mai fermo
L’avete messo da solo
davanti a uno schermo
E adesso vi domandate se sia normale
se il solo mondo che apprezzo
è un mondo
virtuale
Io che ero argento vivo“
Dottore
Io così agitato, così sbagliato
con così poca attenzione
Ma mi avete curato
E adesso
mi resta solo il rancore“
Il rancore di chi non può e non riesce a fare altrimenti, ma non è capito. Questo sì, potete capirlo.
“Ho sedici anni
ma è già più di dieci
che ho smesso di credere
Nella testa girano pensieri
che io non spengo
Non è uno schermo
Non interagiscono se li tocchi
E fingono ci sia una cura
Un farmaco ma su misura
E parlano parlano parlano
Parlano
Mentre mio padre mi spiega
perché è importante studiare
Mentre mia madre annega
nelle sue stesse parole
Tengo la musica al massimo
Ancora
Ma non capiscono un cazzo, no
E allora
ti dico un trucco per
comunicare
Trattare il mondo intero
come un bambino distratto
Con un bambino distratto
davvero
è normale
che sia più facile spegnere
che cercare un contatto
Io che ero argento vivo“
Concludo con una riflessione: se dal 1948, prima, e dal 1962, poi, la scuola è aperta a tutti,
perché pur davanti ad un’enorme eterogeneità di studenti e condizioni, spesso ancora oggi, come negli anni Quaranta, si fa una distinzione tra chi può frequentare (e dunque si adegua alle modalità didattiche utilizzate) e chi no (perché non può o non riesce ad adattarsi)?
So che quello che ho detto è molto pesante, ma è una domanda che da insegnante faccio a me stessa. A me, che spesso non so più che pesci pigliare. A me, che davanti ai ragazzi con ADHD sudo mille camicie e sento l’imbarazzo del non sapere che fare.
E mi chiedo: la nostra è una scuola così democratica come ci piace raccontare e raccontarci?
Per chiudere questo articolo, condivido alcuni “tentativi ironici che a volte hanno funzionato“. Lo faccio con la speranza e l’ardore di chi non molla, di chi ci prova e magari sbaglia e di chi vuole una scuola democratica.
Alcune buone pratiche che mi piace chiamare “tentativi ironici in ascolto delle specificità dello studente”
Non stancatevi di chiamare il loro nome e di verificare se vi ascoltano, anche se roteano penne in aria, guardano o chiamano i compagni. Cercate più possibile il contatto oculare.
Date consegne con istruzioni semplici e brevi (questo favorisce tutti) e chiedete di ripetere cosa devono fare.
Usate i colori per rendere visibili le parti importanti di un testo o di una consegna.
Evitate di assegnare ai ragazzi con ADHD posti vicino alla porta della classe (escono di frequente quando siete di spalle), alla finestra, al cestino, alle cartine geografiche, alla LIM. Non isolateli, mai. Piuttosto passate tra i banchi, muovetevi spesso durante la lezione.
Prendete accordi con loro facendo aumentare in modo graduale il loro coinvolgimento all’attività. Puoi reggere 5 minuti? Ok. Che siano 5 e non uno in meno per un certo tempo. E poi si sale a 6.
Aiutatevi suddividendo la lezione in blocchi da 15 minuti e preannunciando il programma all’inizio dell’ora. A volte, ho usato un orologio di carta appeso al muro per far vedere loro il tempo che avanzava e renderli consapevoli di quanto avevamo fatto e di quanto c’era ancora da fare.
Favorite la relazione dando piccole responsabilità: sistemare il videoproiettore, consegnare le schede, fare da vostro portavoce…
Accorciate i tempi di lavoro. Fate pause brevi e frequenti, soprattutto durante i compiti ripetitivi e noiosi.
Rendete, per quel che si può, le lezioni ricche di novità: usate tutti i materiali che vi vengono in mente per rendere un po’ più pratico l’apprendimento teorico: video, esperimenti, visite guidate.
Fate in modo che gli allievi debbano rispondere frequentemente durante la lezione.
Favorite l’espressione orale e gratificate un passo avanti con tutto voi stessi.