Mai come in questo momento storico imprenditori, manager e leader organizzativi hanno avuto a disposizione una tale quantità e qualità di informazioni e studi scientifici che svelano il funzionamento delle organizzazioni, portando alla luce con chiarezza adamantina la chiave di ogni successo. E di ogni insuccesso. Le Persone.
Il Covid, da questo punto di vista, avrebbe potuto (dovuto?) offrire un’occasione per accelerare alcuni processi.
Eppure guardandomi intorno osservo un aumento di consapevolezza a livello individuale, che però fatica ancora a trasformarsi in una consapevolezza collettiva, di sistema.
Una scollatura che rischia di avere un costo molto alto in termini di potenziale umano dissipato.
E quindi in termini di valore (prima) e di profitto (poi) – come vedremo tra un attimo, le due cose sono indissolubilmente legate – bruciati.
Molte organizzazioni – anzi, diciamo le cose come stanno – molti manager e leader organizzativi sembrano aver fretta di tornare a un prima che oggi però, alla luce dell’esperienza che abbiamo vissuto, non può più reggere.
Come se ne esce? Al momento ho più domande che risposte. Ma un sospetto ce l’ho.
Le soluzioni – raramente ce n’è una soltanto – hanno a che fare con la qualità della leadership, a tutti i livelli.
E con quanto ciascuno di noi saprà trasformare le nuove consapevolezze conquistate a caro prezzo (una pandemia!) in azioni concrete e coerenti.
Una riflessione che “spariglia le carte”
E proprio mentre maturavo queste riflessioni ho incrociato un libro per me prezioso, il cui titolo è già un manifesto: L’impresa come sistema vivente. A renderlo ancora più intrigante, un sottotitolo che promette di sparigliare le carte, segnando una discontinuità rispetto al modo tradizionale di intendere l’impresa: Una nuova visione per creare valore e proteggere il futuro.
C’è però un altro ingrediente che rende questa lettura “potente”: l’autore, Massimo Mercati. E la sua storia personale e professionale: Mercati è direttore generale di Aboca, azienda fondata nel 1978 dal padre Valentino.
Non si tratta quindi di un libro scritto da uno studioso puro, ma da un affermato manager che – a partire da un articolato percorso di studi – ha elaborato una visione originale dell’impresa.
Un manager che lavora ogni giorno per trasformare questa nuova visione in pratica imprenditoriale, generando un salutare cortocircuito nell’abituale scollatura tra (nuove) teorie e (nuove) pratiche manageriali. Proprio qui sta, a mio parere, la potenza di questo saggio.
Mentre leggevo avidamente le 155 pagine che compongono il libro la mia mente è andata più volte alla figura di Adriano Olivetti, visionario imprenditore-umanista da cui Mercati trae ispirazione e con il quale condivide alcuni tratti umani e intellettuali.
L’impresa come sistema vivente, in 5 parole chiave
L’impresa come sistema vivente è un libro ben scritto, che scorre velocemente. Io l’ho letteralmente divorato. La disinvoltura con cui Mercati si muove tra concetti complessi e discipline tra loro molto diverse – dalla biologia all’economia, passando per la filosofia – ha suscitato in me ammirazione.
Pagina dopo pagina le riflessioni dell’autore compongono una rete di idee – e non poteva essere altrimenti – da cui emerge una visione estremamente più ricca dei singoli elementi che la compongono.
Sono molti gli stimoli che mi sono portato a casa da questa lettura. Provo a condividerne alcuni a partire da 5 parole chiave, che possono aiutare a cogliere l’essenza della proposta di Mercati.
Rete
Le fondamenta su cui poggia la visione dell’impresa come sistema vivente provengono dalle ricerche del fisico Fritjof Capra, studioso che stimo molto e che nel 2013 ho avuto l’onore di ospitare a Segnavie, ciclo di incontri che ho contribuito a far nascere una decina di anni fa.
In La rete della vita e in Vita e natura. Una visione sistemica (scritto con Pier Luigi Luisi), Capra – che Mercati considera uno dei propri maestri – mette a fuoco le caratteristiche del pensiero sistemico, che vede nella rete lo schema dominante in natura e che, per comprenderne il funzionamento, non guarda alle singole parti che la compongono ma alle relazioni che le legano.
Perché il tutto, ovvero ciò che emerge da una rete di relazioni, è molto di più della somma delle singole parti che la compongono.
Questo accade in ogni sistema vivente. E l’impresa intesa come organizzazione sociale non fa eccezione.
Per i più curiosi, ecco il video completo della conferenza Segnavie di Fritjof Capra, intitolata La rete della vita:
Senso
Le reti sociali – e quindi anche le imprese – sono animate da una rete di comunicazioni, che intrecciandosi generano significati. E i significati, sedimentando nel tempo, danno vita a culture.
Ecco perché la prima domanda che dovremmo porci guardando all’impresa come rete è: quali sono i significati che la determinano? Vale a dire, qual è la sua vision?
Se manca il significato, se cioè l’impresa perde il contatto con i suoi “perché profondi”, rimane la rete formale ma viene meno il senso.
E senza senso non può esserci un’identità collettiva. Senza un senso, letteralmente, l’impresa – e con lei le persone che ne fanno parte – è disorientata. Si perde.
Scoperta
La vision – il senso – non si inventa a tavolino.
È possibile portarla a galla attraverso un processo di consapevolezza e di scoperta, che conduca l’impresa a interrogarsi sul perché esiste. Una volta portato a galla, il senso – il perché profondo – ispira i membri dell’organizzazione. E indica loro la direzione da seguire.
Leadership
Un sistema vivente, che sia un animale, una persona o un’impresa, in quanto sistema complesso di relazioni non può essere diretto, ma solo “disturbato”. La differenza tra dirigere e “disturbare” è quella che, come suggeriva Gregory Bateson in Verso un’ecologia della mente, passa tra dare un calcio a una pietra e dare un calcio a un cane.
Se diamo un calcio a una pietra riusciremo a calcolarne in maniera più o meno precisa la traiettoria, in base alle leggi della fisica. Ma se diamo un calcio a un cane, come reagirà? Scapperà? Attaccherà?
I sistemi viventi sono imprevedibili, per questo una leadership consapevole sa che può soltanto cercare di creare le condizioni migliori.
Un leader consapevole immagina le possibili conseguenze delle proprie azioni, tenendosi sempre pronto a intervenire, o a non-intervenire, stando con quel che accade nel qui ed ora.
Il manager-leader quindi è una persona consapevole che costruisce contesti e monitora processi, avendo chiaro che ogni persona è autonoma e non predeterminabile.
Valore
Recuperando la lezione dell’economia civile (ne ho parlato qui), Mercati fa proprio il motto di Antonio Genovesi: homo homini natura amicus. Nel ‘400 Genovesi, riallacciandosi alla tradizione dell’Umanesimo civile, rovescia il celebre adagio di Hobbes – homo homini lupus – e lo trasforma nel suo esatto contrario.
Così facendo riporta dentro il pensiero economico la reciprocità, che non trova invece spazio nel pensiero economico mainstream (per il quale sono sufficienti leggi ben fatte e contratti ben stipulati, tutto il resto è in più).
Innestandosi in questa tradizione, Mercati sostiene che non è il profitto che crea valore ma è la creazione di valore che genera il profitto.
Non si tratta dunque di vendere per creare valore, ma di creare valore per vendere.
In questa visione, l’impresa è una comunità tra le comunità, che crea valore quando esprime appieno la propria funzione economica e sociale.
Verso un’impresa ri-generativa
Tra le righe de L’impresa come sistema vivente riecheggia la lezione di Adriano Olivetti, che affermava:
Saremo condotti dai valori spirituali che sono valori eterni. Seguendo questi i beni materiali sorgeranno da sé senza che noi li ricerchiamo.
(Adriano Olivetti)
In questa visione, al centro dell’agire si collocano le ragioni profonde dell’essere impresa: i valori di fondo.
Non c’è separazione tra essere e fare, perché ciò che si è esprime ciò che si fa. In maniera coerente.
Nell’impresa concepita come sistema vivente, compito del manager-leader è quindi far emergere i valori di fondo e condividerli all’interno dell’organizzazione, perché diventino punti di riferimento concreti, capaci di guidare le azioni delle persone che ne fanno parte.
Il fine ultimo è produrre un valore che non si esaurisce nella sola realizzazione del profitto, ma che si estende all’impatto sull’ambiente e sulla società.
Come? Attraverso la crescita umana dei suoi membri, uniti dall’idea di operare insieme nella direzione del bene comune. È questa, in estrema sintesi, l’impresa ri-generativa immaginata da Mercati.
Un libro da leggere e da cui lasciarsi ispirare.
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