Quando ci si dice “ora è bene prendere distanza dalle cose“, spesso è perché abbiamo la necessità e la volontà di cambiare il nostro punto di vista su ciò che stiamo vivendo, di guardare le nostre giornate nel loro insieme pur valorizzando anche i particolari.
Ciò che percepiamo osservando un quadro a pochi centimetri di distanza è completamente diverso da ciò che riusciamo a cogliere facendo qualche passo indietro o di lato.
In parole molto semplici, questa “giusta distanza” – che il regista Carlo Mazzacurati aveva raccontato con maestria in uno dei suoi ultimi film – è molto vicina all’approccio gestaltico, secondo cui
il tutto è molto più dell’insieme delle singole parti.
Nella vita di ogni persona ci sono dei momenti in cui questa volontà di vedere in maniera più ampia e consapevole cosa sta accadendo nella nostra quotidianità bussa prepotente alla nostra porta.
È un po’ un fare il punto della situazione.
Un dirsi “ok, quella situazione che ho vissuto con fatica aveva anche un aspetto nutriente che lì per lì non ho saputo vedere perché la stanchezza e la velocità hanno avuto la meglio“.
A me è capitato proprio qualche giorno fa, quando mi sono resa conto che R. era riuscita a fare le divisioni da sola e senza lamentarsi, dopo un ciclo di incontri sul potenziamento delle abilità numeriche.
La giusta distanza
Non ci avevo dato peso in quel momento… e pensare a quante energie ho impiegato perché questo avvenisse. Ad un certo punto del cammino è avvenuto e rischiavo di non rendermene conto e di passare alla fase successiva senza chiedermi cosa avesse funzionato e cosa no, cosa avrei potuto riproporre in altre situazioni simili e cosa no.
E più di tutto, non mi ero nemmeno data il permesso di esclamare:”Wow… è capitato, e ce lo stavamo perdendo!”.
Questi momenti, medicina naturale per le nostre vite perché lì dentro ci riscopriamo capaci di cose che non avremmo mai pensato possibili, sono del tutto personali e avvengono in setting altrettanto particolari.
È quell’otium degli antichi tanto condannato dalla nostra società del mordi e fuggi, che invece possedeva un valore inestimabile. Anche perché rappresentava un’importante bussola per le azioni future.
Tornado a questi lampi di consapevolezza, c’è chi si accende dormendo, chi guardano un film, chi leggendo, chi guidando la sua moto o la sua auto, chi bevendo un caffè, chi camminando.
Ed è a questo popolo, il popolo dei “camminatori”, che voglio dedicare questa breve recensione.
Un libro per viandanti e sognatori (e 5 motivi per leggerlo)
Una cara amica e artista mi ha regalato questo libro meraviglioso: Del camminare e altre distrazioni. Antologia per viandanti e sognatori di Guido Scarabottolo. Voglio darvi almeno cinque buoni motivi per leggerlo.
1. È un libro illustrato
E prendiamocelo il tempo di guardare i disegni tra le pagine di un libro, proprio come quando eravamo bambini. Il tratto di matita e di colore è una mappa del nostro immaginario e accompagna la lettura e l’attivazione.
2. Il filo rosso del libro è il camminare come strumento per “vedere”
Non si cammina solo per spostarsi da un luogo all’altro, ma per poter guardare il mondo “dalla vetta dei monti”.
3. È progettato in 14 diversi racconti firmati dai più grandi autori della letteratura mondiale
Jane Austin, Jean-Jacques Rousseau, Virginia Wolf, Mark Twain e Giovanni Verga… sono solo alcune delle firme che vi accompagneranno, seguendo il ritmo delle camminate: ritmo lento, passeggiate filosofiche, incontri sul cammino, il riposo del camminatore e, la mia preferita, il destino sta nei passi.
4. È un inno alle azioni di cui non ci rendiamo conto
Quelle che lasciamo passare e che in realtà suonano il ritmo della nostra esistenza.
5. Lo scaffale della viandanza va riempito
E senza cammino – come scrive Luigi Nacci nella prefazione – non c’è possibilità di cambiamento.
A tutti i camminatori, buona lettura.
PER APPROFONDIRE